CONSUMO DI SUOLO, NON CI SIAMO – SEZANO ESEMPIO EMBLEMATICO DI COME IL COMUNE DI VERONA NON TUTELA IL TERRITORIO

La vicenda di Sezano è emblematica per capire come le normative urbanistiche della Regione Veneto hanno consentito interventi così devastanti in aree tutelate da un punto di vista paesaggistico. Eppure l’Europa ci richiama alla tutela del patrimonio ambientale e ci chiede di azzerare il consumo di suolo entro il 2050. Un obbiettivo che dovrebbe essere preso in seria considerazione in Veneto e a Verona, che sono rispettivamente la prima regione in Italia ed il primo Comune in Regione, per percentuale di suolo consumato. Il limite stabilito appena un paio di anni fa da questi due enti per contenere il consumo di suolo nel nostro territorio è invece secondo noi del tutto inconsistente. Vediamo perché.

Per cominciare la Regione non considera consumo di suolo molti interventi che di suolo in realtà ne consumeranno eccome. Sono i Piani Urbanistici già approvati ma non ancora realizzati, le opere di interesse pubblico come le strade o gli interventi vicino alle autostrade e svariati altri casi.

Per gli interventi riconosciuti come consumo di suolo poi, Regione e Comune hanno individuato per Verona una quantità massima di 94,91 ettari di superficie ancora consumabile.

Altro che “impegno per il consumo zero di suolo” come affermava trionfante qualche anno fa Zaia. Il Veneto, con 785 ettari cementificati nel 2019, è la regione d’Italia che ha consumato più suolo. Il punto politico è dunque presto detto: la Legge regionale sul Consumo di suolo non funziona, mentre il Comune di Verona è andato nella direzione sbagliata con la Variante 23 e continua a camminare lungo la strada sbagliata con la Variante 29. A fare le spese di questa politica, che sacrifica il bene al profitto di pochi, continuando a costruire case e negozi dove non servono, sono i cittadini, sempre più esposti agli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici che questa continua e pervasiva impermeabilizzazione del suolo non fa altro che accentuare».

Avevamo smascherato le previsioni urbanistiche gonfiate del comune di Verona ancora nel 2015 quando avevamo dimostrato carte alla mano come la superficie del territorio comunale è di 198,8 kmq e non 206,6 kmq che era stata utilizzata nel Piano di Assetto del Territorio per “gonfiare”la Superficie Agricola Trasformabile (SAT) del Comune di Verona.

In questo modo nel 2007 e nel 2011 (col Piano degli Interventi – PI) si era determinata la possibilità di rendere edificabili 1.678.000 mq di suolo agricolo, anziché 791.000 mq, determinando un consumo di suolo immotivato di quasi 900.000 mq che avrebbe dovuto rimanere agricolo. Per questi terreni con diversa destinazione urbanistica (edificabile) abbiamo stimato un valore di mercato di circa 200 milioni di euro».

Avevamo chiesto, inascoltati, a questa amministrazione che prima di procedere con altre Varianti al PI o con nuove cementificazioni di rettificare le previsioni del PAT, non solo riducendo il valore della superficie agricola trasformabile ai 791.000 mq con il conseguente adeguamento del PI.

Inoltre, visto che sono passati oltre 10 anni dall’approvazione del PAT, è l’occasione per prendere atto che non si è verificata al 2016 la prevista crescita di 30.000 abitanti nel Comune adeguando conseguentemente le previsioni di espansione edilizia della città.

La nuova pianificazione comunale deve scegliere di operare per la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente e la salvaguardia di quel che resta della rete ecologica cittadina.
Le nuove Varianti Urbanistiche del comune di Verona dovrebbero prevedere la salvaguardia di tutte le residue aree inedificate del territorio comunale, con ritorno, ove possibile, a destinazione agricola o a verde pubblico.

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