DISASTRO FILOBUS: IL COMUNE NON PAGA, AMT SI INDEBITA E PER FAR QUADRARE I CONTI DIMEZZANO LA DURATA DEL PEF

La disastrosa gestione del filobus ha toccato un nuovo punto basso: a metà marzo Amt ha avviato il processo di revisione del Piano economico finanziario (Pef) per sopperire alle criticità che il Rup, responsabile unico del progetto, Carlo Alberto Voi, sintetizza in questo modo: mancano i 3 milioni previsti per il 2019 da parte del Comune di Verona; slittano gli incassi previsti di una prima parte di contributi statali a seguito dei primi stralci di avanzamento dei lavori; la concentrazione dei lavori nel 2020 e 2021 comporta una meno favorevole distribuzione degli incassi per rimborsi Iva; il montante del debito finanziario è (anche per conseguenza dei punti precedenti) maggiore di quello ipotizzato”.

A fronte di questa dichiarata paralisi Amt ha provveduto a farsi prestare soldi dalle banche, ricorrendo naturalmente allo stesso istituto che presta il mutuo per il filobus. Risulta infatti previsto che il Banco Popolare attivi due linee di credito finalizzate a supportare le immediate necessita di cassa di AMT correlate al pagamento di alcuni costi di Costruzione del Progetto. Nel Piano Economico Finanziario si ipotizza un utilizzo di questa opzione, che ha un effetto complessivo di incremento del debito bancario pari a circa 3,5 milioni di Euro (commisurata al debito per lavori pregresso al 31/12/2019).

Ma perché i veronesi devono pagare questi oneri aggiuntivi? Risulta che dall’avvio della fase di costruzione della filovia il Comune di Verona si era impegnato ad erogare un contributo di 3 €/mln all’anno a favore di AMT S.p.A. per fare fronte all’indebitamento bancario sottoscritto per la realizzazione del Progetto. Ma il Comune non avrebbe erogato il relativo importo per il 2019.

Inoltre, per supportare la prima fase di investimento, era originariamente previsto un aumento di capitale di AMT S.p.A. tramite apporto di cassa da parte del Comune di Verona pari a 1,5 €/mln. Allo stato attuale, però (parliamo della fase pre Covid) il Comune di Verona risulta impossibilitato a realizzare tale aumento di capitale, ragion per cui AMT si sarebbe dichiarata disposta a utilizzare liquidità disponibile nel 2020 per fronteggiare le esigenze finanziarie del Progetto, a fronte di un contestuale conferimento immobiliare di pari valore che compensi l’importo messo a disposizione del Progetto.

Insomma: non solo il Comune ha tardato ad approvare la documentazione che renderebbe possibili i rimborsi ministeriali a fronte degli avanzamenti dei lavori, ma non sgancia nemmeno i soldi che aveva pattuito in convenzione.

Ciliegina sulla torta, Palazzo Barbieri ha anche imposto di tagliare il Pef di 20 anni, risolvendo così alla radice il problema della sostituzione delle carrozze che dovrebbe intervenire al 21° anno di esercizio. Un passaggio che era già finito nel mirino dell’analisi di sostenibilità effettuata dalla Provincia. Il risultato è che l’opera, inizialmente pensata per durare almeno 40 anni, in realtà ne durerà soltanto 20, al termine dei quali, chi ci sarà dovrà decidere se spendere altrettanti soldi per rinnovare i mezzi oppure tirare giù fili e pali e ripartire con un mezzo di trasporto pubblico di massa migliore di questo. Sboarina e soci hanno scaricato sui posteri l’ardua sentenza.

Siamo difronte ad un autentico disastro progettuale, economico e finanziario che dovrebbe vedere l’attuale amministrazione Sboarina e la precedente amministrazione Tosi rispondere in solido, politicamente parlando, ai cittadini ai quali viene consegnata un progetto ormai morto il cui rapporto costi-benefici è raddoppiato in senso sfavorevole.

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