E’ quanto meno singolare che nella regione che dichiara la più alta percentuale di raccolta differenziata, Verona, che rappresenta il secondo principale capoluogo per importanza e popolazione, non sia in grado di chiudere autonomamente il ciclo dei rifiuti e non sappia trovare altra soluzione che esportarli nella vicina Lombardia, contribuendo tra l’altro ad aggravare la situazione ambientale nella provincia di Pavia, già attenzionata da comitati e associazioni ambientaliste che l’hanno definita la “pattumiera” della Lombardia.
Inoltre, il concetto di “infungibilità” con cui Sboarina e Rucco vorrebbero far passare la fusione a tre con A2A senza gara ad evidenza pubblica, meriterebbe un approfondimento migliore di quello svolto dall’advisor Gitti e Partner, noto soprattutto per gli agganci altolocati nel mondo delle banche e della politica. Serve quanto meno un parere dell’anticorruzione che non a caso in passato ha già bocciato l’uso disinvolto di questo strumento proprio da parte delle aziende finite nella galassia di A2A.
Verona e Vicenza si portano in casa non un alleato, ma un competitor che mira a spartirsi il Veneto contro Hera già presente a Padova, Treviso e Venezia.
Al di là dell’artimetica delle quote, su cui Verona sta facendo marcia indietro in favore di Vicenza, è noto infatti che al momento del voto le azioni si “pesano”. Da questo punto di vista, e dal punto di vista delle garanzie occupazionali, il cosiddetto term sheet sottoscritto non offre alcuna garanzie alla città e ai lavoratori. Per Verona si tratta di un autentico salto nel buio.