L’IKEA E LA SANTA ALLEANZA CHE RINCORRE I FANTASMI DELLO SVILUPPO

Stupisce vedere il Movimento 5 Stelle partecipare alla “santa alleanza” a favore dell’Ikea. Certo non parliamo di quel mostro del Tav che, come ci ripetono da anni, “costa 40 milioni al chilometro”, ma una botta di 110 mila metri quadri di commerciale con un “indotto” di 10,5 milioni di auto all’anno, come era nell’ipotesi iniziale, prima appunto che la trattativa si arenasse, dovrebbe far balzare dalla sedia tutte le anime candide del “Movimento”. Ma si vede che anche i grillini nostrani, dopo di quello romani, ormai frequentano troppo la Lega e il resto del “sistema”. 

Come Verona e Sinistra in Comune siamo convinti che l’unico “sviluppo” che otterrà l’accorato appello dei consiglieri regionali veronesi, appassionatamente riuniti da Tosi al Pd, sarà quello di vedere crescere per qualche giorno la propria visibilità mediatica. Per il resto infatti parliamo del nulla più assoluto, di progetti che non esistono neanche sulla carta. Non esiste un iter che possa aprire le porte all’Ikea – la stessa Regione lo aveva escluso sotto l’amministrazione Tosi. Non risulta un progetto che si chiami Città della Musica (ma su questo sto attendendo risposte ufficiali). Figurarsi che l’amministrazione Sboarina (sulla scia della precedente amministrazione) non ha ancora provveduto a portare in Consiglio  la variante che dovrebbe suddividere la Marangona in cinque lotti. Ma di che cosa stiamo parlando? 

E faccio sommessamente notare che al Consorzio Zai in questi anni non c’erano i notav o gli anarco-insurrezionalisti, ma uomini e donne di quegli stessi consiglieri regionali (Tosi, Casali, Valdegamberi) che ora si stracciano le vesti per l’immobilismo, e che per lo più sono passati da una amministrazione all’altra senza mai mollare la poltrona. L’ipocrisia, come si suol dire, scorre a fiumi. 

Sarebbe anche l’ora di smetterla di sbandierare i mille posti di lavoro, o almeno che lo si facesse bene come il Cavaliere, che non si accontentava di mille ma ne voleva un milione. La realtà è che la Marangona è stata affossata da anni di gestione improduttiva del Consorzio Zai, che per la politica locale rappresenta soltanto una rendita di posizione e non un ente per lo sviluppo, nonché da decenni di mancata pianificazione urbanistica, la quale continua ad essere delegata ai privati. 

Una seria riflessione dovrebbe partire da tutt’altra prospettiva: ma con la Zai storica ormai svuotata e con tante aree abbandonate ancora presenti, siamo sicuri di necessitare ancora di tutti i terreni “vergini” della Marangona, come negli anni Sessanta, oppure non dovremmo concentrarci sul recupero (serio) dell’esistente? 

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